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"L'uomo dal fiore in bocca" e "La patente" al teatro Teatro Reims

La Nuova Compagnia di Prosa “Città di Firenze” presenta L'uomo dal fiore in bocca e La patente.

Due atti unici di Luigi Pirandello per la regia di Antonio Susini.
Due degli atti unici più rappresentativi del Premio Nobel per la letteratura che portano in scena la summa del suo pensiero e danno modo di apprezzare in pieno la capacità assoluta dello scrittore siciliano di costruzione del testo e dei personaggi in esso rappresentati.
L’essere umano con le sue debolezze i suoi accenti paradossali e la sua fragilità secondo il più grande autore italiano del 900.

L’UOMO DAL FIORE IN BOCCA
con: Fabio Baronti, Gianluca Pacini
Il protagonista è un uomo malato di un gravissimo tumore (il fiore in bocca), e quindi prossimo alla morte; questa sua situazione lo spinge a indagare nel mistero della vita e a tentare di penetrarne l’essenza. Per chi, come lui, sa che la morte è vicina, tutti i particolari e le cose, insignificanti agli occhi altrui, assumono un valore e una collocazione diversa. L’altro personaggio è un avventore del caffè della stazione, dove si svolge tutta la scena; un uomo qualsiasi, che la monotonia e la banalità della vita quotidiana hanno reso scialbo, piatto e vuoto a tal punto che il dialogo tra lui e il protagonista finisce col diventare un monologo, quando quest’ultimo gli rivela il suo terribile segreto.
La morte prevista e la morte imprevista. La vita non ha nessun valore in sé, ma quando l’individuo la osserva, anche i gesti quotidiani insignificanti acquistato un valore vitale. La vita non si conosce, però si sente il bisogno di viverla e a disprezzarla quando la morte è prevista, in modo da potersene andare con meno dolore

LA PATENTE
Con: Leonardo Cammunci, Martina Treccioni, Alessandro Dell’Anno, Sandra Bulli, Fabio Micheli, Elisabetta Francini, Davide Bernardo.
I protagonisti de La patente sono il giudice D’Andrea e un modesto impiegato del monte dei pegni, tale Rosario Chiarchiaro, licenziato perché sospettato di essere uno iettatore. L’uomo a sua volta ha poi sporto denuncia presso la magistratura contro due giovani, che al suo passaggio avrebbero fatto il classico gesto di superstizione popolare delle “corna” per allontanare il malaugurio. Il giudice D’Andrea si trova allora di fronte ad un caso paradossale, dato che, in quanto esponente della legge e della razionalità, non può certo credere all’esistenza della sfortuna né può tutelare in alcun modo gli interessi di Chiarchiaro che, a causa delle malelingue del paese, oltre ad aver perso il posto di lavoro, non riesce a far sposare le figlie ed è costretto a tenere segregata in casa l’intera famiglia.


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