Eventi

Mostra di Alessandro Scheibel nell'Accademia delle Arti del Disegno

Dall'alunnato di Felice Carena alla militanza nel circuito di Fiamma Vigo si snoda l'inedito percorso figurale di Alessandro Scheibel (Padova, 1905-Firenze, 1979), articolato nell'importante mostra Alessandro Scheibel dalla scuola di Carena all'astrattismo nella stagione di Fiamma Vigo, promossa da "Archivi e Eventi" nella prestigiosa sede dell'Accademia delle Arti del Disegno di Firenze, dal 7 al 30 settembre 2016, con il Patrocinio del Comune di Firenze.

A promuovere questo importante evento espositivo sarà dunque l'Associazione Archivi e Eventi, presieduta da Francesca Cagianelli, Associazione attiva da dieci anni nel settore dell'organizzazione delle mostre dedicate alle avanguardie italiane.

All'inaugurazione della mostra interverranno la Professoressa Cristina Acidini, Presidente dell'Accademia delle Arti del Disegno, il Professor Domenico Viaggiano, Segretario Generale della stessa Accademia, il Professor Giuseppe Della Fina, docente di Etruscologia presso l'Università dell'Aquila e direttore scientifico della Fondazione per il Museo Claudio Faina, Orvieto, Francesca Cagianelli, storica dell'arte e curatrice del catalogo.

La mostra, curata da Antonio Cagianelli, costituisce la prima occasione antologica volta alla riscoperta di un artista centrale nell'ambito della multiforme compagine costituitasi attorno alla Galleria Numero, eppure finora marginalizzata dalla critica e ancora avvolta dall'oblio, nonostante la ricognizione assestata sul ruolo della carismatica artista e gallerista fiorentina nell'occasione della mostra Fiamma Vigo e 'Numero'. Una vita per l'arte (Archivio di Stato di Firenze, 2003).

Sessanta opere, tra dipinti e tecniche miste, realizzate tra gli anni Trenta e Settanta, restituiscono quella straordinaria metamorfosi figurale che caratterizzò il complesso percorso creativo dell'artista, che in una lettera a Eugenio Miccini del 1970, sorta di credo artistico stilato a posteriori, riassunse il suo lavoro come risultato di un processo mentale che "trascendesse la vita normale e quotidiana", e che restituisse in termini astratti "la stessa incoerenza che mi pare regoli il mondo", fino a sostanziarsi di "un valore sacrale", atto a restituire la metamorfosi del "mondo d'oggi, che sempre più rapidamente distrugge e reinventa nuovi miti e nuove idealità".

Un'estetica pienamente compatibile, anzi strategica rispetto all'avvenirismo culturale e all'effervescenza teorica di Fiamma Vigo, impegnata nella formulazione di una cosmogonia votata alla paradigmaticità del numero e venata di implicazioni archetipiche debitrici a una sequenza estesa dall'Oriente alla classicità, dal Medioevo fino alla tradizione francese di un Seurat e di un Cézanne.

Ed è proprio quindi la stagione di "Numero" che funziona, nel percorso espositivo e più in generale nelle ragioni della mostra, da piattaforma culturale per la nuova estetica di Scheibel, destinato a divenire figura centrale nell'ambito della redazione della rivista omonima, di cui ricoprì la carica di segretario e nell'ambito della quale ebbe occasione di consolidare la sua cultura figurativa.

Si alternano dunque in mostra, non certo nei termini di contrapposizione, né tanto meno di disorganicità, da una parte le tante testimonianze della fase più strettamente careniana, condotta all'unisono con Luigi Montanarini, ma per certi aspetti riconducibile alla grammatica soprattutto di un Peyron e di un Vagnetti, laddove, come scrive nel 1938 Nino Bertocchi, tanto nella definizione fisiognomica, quanto nella resa dell'atmosfera intorno al motivo, "Scheibel scioglie i nodi a coltellate precise e ci consegna architetture che reggono ad un onesto collaudo"; dall'altra le tappe della conversione surrealista degli anni Cinquanta, rilette icasticamente da Giuseppe Pensabene nei termini di "spazi cosmici, mondi in formazione, idee precedenti alla creazione del mondo" ("Il Secolo d'Italia", 1955), sorta di "ideografia" primitiva del XX secolo, un linguaggio tuttavia modernissimo, affidato alla "costruzione nuova di grandi geroglifici per esprimere perentoriamente idee", non tanto diversamente da analoghe soluzioni formali brevettate da artisti quali Atanasio Soldati all'epoca del coinvolgimento nella Galleria Il Milione, di cui restano nel fondo archivistico Scheibel diverse cartoline illustrate, emblematiche ai fini della comprensione del serbatoio iconografico praticato da quest'ultimo: tra gli artisti attestati, oltre allo stesso Soldati, Carlo Carrà, Mario Sironi, Ardengo Soffici, Amedeo Modigliani, Giorgio De Chirico, Marino Marini, e ancora, Klee, Picasso, Matisse, Chagall, Utrillo.

Corona e insieme legittima tale emblematica alternanza tra asserti novecenteschi e idiomi surrealisti, la fase astrattista, contrassegnata da quelle sperimentazioni denominate "Aspetti della forma colore" che, presentati nelle numerose occasioni espositive infaticabilmente promosse negli anni Sessanta da Fiamma Vigo, tra Firenze, Roma, Venezia e Milano, documentano l'estrema evoluzione linguistica del complesso alfabeto figurale di Scheibel.

Fioccano dunque le riflessioni della critica relative all'esito astrattista di Scheibel, ricondotto di volta in volta a un "informale in chiave figurativa", all' "inclinazione al rabesco elegante", a un "affascinante colloquio con l'impossibile", anche se nessuno sembra negare quella componente intellettualistica che lo stesso Scheibel enuncia con forza nella lettera a Miccini.

Un'intellettualità sofferta, mai scaltra, che Scheibel dovette espiare con la rimozione storica rispetto a un gruppo, quella di Fiamma Vigo, di cui oggi torna a costituire uno dei militanti più colti e appassionati.


Si parla di