Economia

Lusso e pelle: crisi nera nel distretto fiorentino, aziende allo stremo e migliaia di posti a rischio

Esplode la cassa integrazione, verso il tavolo Confindustria - sindacati con poche speranze: "Ripensare il modello produttivo"

Immagine d'archivio (foto @ pixabay.com)

Situazione nota da tempo, ma latente. Fino a lunedì scorso, quando il Corriere Fiorentino ha avuto il merito di accendere i riflettori sulla profonda crisi nella quale versa il distretto fiorentino della pelle, legato a doppio filo con i brand dell'alto lusso.

Da Ebret, l'Ente bilaterale che riscuote e distribuisce gli ammortizzatori sociali nell'artigianato, il presidente Volpi conferma: "Situazione molto seria, servono interventi immediati". Si parla, nella sola area di Scandicci, la più colpita, di oltre duecento aziende quasi ferme, per un totale di circa 4mila lavoratori in cassa integrazione. “Uno dei motori dell’economia metropolitana, la pelletteria di lusso, si sta fermando", metteva in guardia il 23 gennaio scorso il presidente dei pellettieri di Cna Firenze, Simone Balducci.

Le premesse

Prime avvisaglie, circoscritte a poche filiere, risalgono a fine 2022. Il 2023 ha confermato il calo delle produzioni. "E per il '24 prevediamo ordinativi ancora più ridotti", avvisa Balducci. Tanti, i motivi. Dalla guerra Russia - Ucraina, che ha azzerato l'ampio sbocco commerciale verso Mosca, fino al cambiamento di gusto dei clienti, che chiedono prodotti sofisticati e personalizzati. Passando per "disattenzioni" politiche.

"La diversificazione degli investimenti attuata dai grandi brand, con colpevole distrazione della politica regionale, hanno privilegiato regioni d’Italia fiscalmente più convenienti”, spiega il presidente dei pellettieri Cna, tirando in ballo direttamente la Regione Toscana: "Il fenomeno è in atto da anni e ultimamente si è aggravato. Con le 'zone economiche speciali' poi, previste da norme nazionali, è diventato più conveniente per i brand spostarsi in regioni come Campania, Puglia, Abruzzo. Senza considerare l'abbattimento dei costi, a partire banalmente da quello per l'affitto di un capannone, che oggi a Scandicci vale oro. A livello di politica regionale, è mancata una programmazione di interventi che potesse evitare questa situazione".

Correre ai ripari

Adesso si cerca di correre ai ripari. Lunedì pomeriggio alla sede regionale di Confindustria di via Valfonda, a Firenze, si incontreranno le parti datoriali, rappresentate da Assopellettieri, e i sindacati di Cgil, Cisl e Uil. Le premesse non sono rosee.

"Tante aziende sono alla canna del gas, stanno finendo anche gli ammortizzatori sociali. Serve dare ossigeno subito, poi andrà ripensato tutto il sistema produttivo", è il ragionamento ai piani alti delle organizzazioni che tutelano i lavoratori. Senza prospettive nuove, che ad oggi non si vedono, la situazione esploderà e nel giro di poco vedremo picchetti e proteste.

Rischio "desertificazione"

Le aziende "messe male" sarebbero oltre duecento, quasi tutte nell'area di Scandicci. Per un totale, appunto, di circa 4mila dipendenti. Quanto al modello "da ripensare", sotto accusa anche i grandi brand del lusso. Da un lato hanno portato investimenti milionari e posti di lavoro, spesso incensati. Dall'altro però contribuiscono al rischio di "desertificazione" produttiva del distretto.

"I grandi brand dettano legge sul mercato. Arrivano e internalizzano ogni tipo di figura. Così facendo da un lato perdiamo la maestria artigiana e dall'altro, tra dieci anni, nessuno sarà più in grado di realizzare un prodotto finito", sospira un addetto ai lavori che conosce bene la situazione.

Assumere tutti gli artigiani della zona, come successo, e specializzarli nella fattura di singoli pezzi (fibbie, cinture, taglio, e così via), produce un effetto multiplo. "Non si trova più un artigiano libero che lavori su piccole commissioni o in proprio e, allo stesso tempo, la specializzazione estrema fa sì che scompaia la creatività e il 'saper fare' complessivo. Se a questo punto i brand dislocano, eccoci alla desertificazione", prosegue la stessa fonte.

Da gennaio a novembre 2023, dati Cna, la cassa integrazione nell'area metropolitana del settore è quasi raddoppiata, arrivando a coinvolgere nel totale annuo gennaio-novembre 2023, 396 aziende e oltre 4.200 lavoratori. Tra i prossimi scogli, poi, anche il rinnovo del contratto di lavoro e relativi aumenti: saranno dolori.

Allarmi inascoltati

Cna critica la Regione per non aver attuato una sufficiente politica di programmazione degli interventi, per una prospettiva che secondo Balducci era più prevedibile. Gli allarmi, anche recenti, in realtà sono stati numerosi.

"La crisi del settore moda ha ripercussioni pesanti anche sulla filiera degli accessori metallici, dove sette aziende su dieci hanno chiesto ammortizzatori sociali. Siamo fortemente preoccupati. C'è una frenata brusca di tutto il settore", si legge in una nota diffusa dalla Fim Cisl del 16 dicembre scorso, che adduceva come motivazione principale il blocco degli ordini da parte delle case di moda.

Un documento comune di quei giorni siglato con Fiom Cgil e Uilm Uil sottolineava "l'urgente bisogno di un progetto socio-economico di difesa del comparto moda, risolutivo delle tante disuguaglianze e problematiche prodotte da un settore che rischia di essere travolto da una tempesta perfetta, determinata dai fermi produttivi di questi mesi”.

“Il settore moda dell’area fiorentina, dopo anni di crescita a due cifre, conosce una brusca frenata, con richieste di ammortizzatori sociali raddoppiate rispetto a un anno fa. Entro i primi due mesi del 2024 molte aziende artigiane avranno finito gli strumenti di sostegno e rischiamo un taglio importante di posti di lavoro", dichiaravano l'11 dicembre il segretario generale Cisl Firenze-Prato Fabio Franchi e il referente moda della Femca-Cisl Firenze-Prato Gianluca Valacchi. Il limite indicato era febbraio. Ci siamo.

Politica in silenzio

"Una tempesta perfetta che si sta preparando sul settore, nel silenzio di tutti, a cominciare da chi sta a capo delle varie filiere e dalla politica, troppo impegnata in vista delle imminenti elezioni. Chiediamo l’urgente convocazione di un tavolo con tutti i soggetti coinvolti, se vogliamo che il nostro distretto abbia un futuro", denunciavano Franchi e Valacchi.

Tra le cause anche "scelte strategiche sbagliate" come, sempre da denuncia dei sindacalisti Cisl del dicembre scorso, "la produzione incontrollata di pezzi, borse e scarpe per fare due esempi, da destinare al mercato e oggi fermi nei magazzini dei grandi marchi" oltre a "modelli organizzativi improntati alla meccanizzazione e a sostituire un processo prettamente manuale".

Cali a doppia cifra

I dati diffusi dalla Cisl a dicembre segnalano un comparto moda toscano in calo di un -9,2 per cento complessivo nel secondo trimestre 2023 rispetto allo stesso periodo del 2022, con un -8,8 per cento per l’abbigliamento e addirittura un -25,9 per cento per le calzature. Numeri che hanno portato ad un'impennata delle richieste di cassa integrazione e accesso al fondo solidarietà bilaterale del settore artigiano che da ottobre ha investito l'intera filiera della moda, tra tessile, pelletteria e calzaturiero, assieme ai settori collegati al distretto scandiccese.

A Firenze, nel settore moda, nel settembre 2022 erano state autorizzate da Inps 38mila ore di Cassa integrazione. Nello stesso mese del 2023 le ore sono state 75mila, quasi il doppio. Una crisi più che annunciata. Lunedì si apre il tavolo Confindustria - sindacati: il meteo prevede grigio, rischio pioggia alto.

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