Cronaca

Scabbia, è boom di casi ma dal Meyer arriva una nuova cura

Gli specialisti dell'ospedale fiorentino hanno scoperto un nuovo metodo di trattamento.

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Si pensava fosse ormai una malattia del tempo che fu ma, in realtà, al Meyer si registrano circa 2/3 nuovi casi ogni settimana per un totale di più di 100 nuove diagnosi all’anno. La scabbia, malattia pruriginosa, molto contagiosa con la trasmissione che avviene per contatto diretto ed è causata da un parassita, è diffusa in tutto il mondo e anche in Toscana. 

Ma non ci sarebbe da andare nel panico. Questo perché gli specialisti del Meyer, rivisitando una antica ricetta in uso ai primi del '900 a base di zolfo, avrebbero trovato una nuova cura. Molto efficace, visto che sta funzionando in tutti i casi fin qui trattati, senza effetti collaterali significativi.

“Tradizionalmente per curare la scabbia si utilizza la permetrina - chiarisce Cesare Filippeschi, autore dello studio pubblicato sulla rivista International Journal of Dermatology insieme a Teresa Oranges, Greta Tronconi, Efenesia Baffa, Andrea Diociaiuti e May El Hachem - e negli ultimi anni è stata inserita in seconda linea l’ivermectina per via orale: ma la nostra esperienza clinica ci ha dimostrato che spesso non bastava più".

Quindi, dialogando con i colleghi del Bambino Gesù, "è nata l’intuizione di trattare i pazienti affetti con un preparato allo zolfo al 17% di concentrazione - precisa Filippeschi - però basato su un 'veicolo gentile', una crema emolliente e non irritante quindi”.

La crema, secondo il protocollo di somministrazione studiato dal Meyer, viene quindi applicata la sera e poi resta per tre giorni, senza lavaggi, in modo da creare una “barriera” occlusiva di zolfo. Quindi si ripete il trattamento, su tutta la famiglia e sui conviventi, la settimana successiva.

“Questa scoperta sta suscitando interesse da parte di altri centri nazionali e internazionali - sottolinea Filippeschi - Peraltro si tratta di un preparato galenico che ha un costo ridotto rispetto alle altre terapie in commercio, e che una volta di più ci ricorda come a volte riscoprendo molecole ‘vecchie’ sia possibile mettere a punto terapie efficaci: pensiamo che dall’inizio del secolo scorso e fino agli anni 90 per bonificare le stanze dei malati di scabbia venivano usati i fumi dei fiori di zolfo bruciati”.


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