Cronaca

Minori stranieri non accompagnati, in Toscana quasi uno su due è ospitato a Firenze

Secondo gli ultimi dati ministeriali (aggiornati al 29 febbraio), nella nostra regione i Msna sono 1.021 contro gli 880 di giugno 2023. La maggior parte ha 17 anni e proviene dall’Ucraina

Il Cas di via Villamagna (attualmente chiuso)

521 secondo il Comune, 411 per il ministero del Lavoro. Sono discordanti i numeri dei minori stranieri non accompagnati presenti a Firenze e relativi al mese di febbraio, ma si tratta comunque di cifre importanti, perché rappresentano almeno (a seconda della fonte) il 40% del totale di ragazzi e ragazze accolti in Toscana. 

Complessivamente, sempre secondo il report ministeriale (dati aggiornati al 29 febbraio), nella nostra regione i Msna sono 1.021 su un totale di 21.402 a livello nazionale, circa il 4,78%, in leggero calo rispetto al mese precedente quando erano rispettivamente 1.031 e 21.991, ma in incremento su giugno dello scorso anno, 880 e 20.926. Un divario che si allarga guardando al lungo periodo, visto che nel 2020 si attestavano a quota 5.655 in tutta Italia, cifra naturalmente “drogata” dalle restrizioni legate alla pandemia.

E la tendenza, complici guerre, persecuzioni e mutamenti climatici, non può che andare nella direzione di un ulteriore significativo aumento. A partire già dalle prossime settimane con il ritorno della bella stagione e la ripresa degli sbarchi. Anche se, in realtà, nella nostra regione gran parte degli arrivi sono via terra, soprattutto giovanissimi albanesi che rappresentano la principale nazionalità dopo gli ucraini. Un'anomalia toscana poiché in Italia gli albanesi sono soltanto al settimo posto per numero di Msna, dopo Egitto, Ucraina, Tunisia, Gambia, Guinea e Costa d’Avorio.

Da Palazzo Vecchio nelle ultime settimane l’assessora al Welfare Sara Funaro è tornata a rilanciare l’allarme per una crescente pressione sul capoluogo, lamentando una mancata collaborazione interistituzionale sia sul fronte sanitario che per i problemi legati alla microcriminalità.  

Secondo un report del Comune diffuso dal Corriere Fiorentino, tra i ragazzi presenti nelle strutture, sarebbero 85 quelli che si sono macchiati di reati o di uso o consumo di sostanze stupefacenti e 68 quelli che hanno commesso atti violenti, specialmente dentro i centri e in alcuni casi contro gli operatori.Quello della redistribuzione è un tema che balza facilmente agli occhi guardando i dati ministeriali: dopo i 421 minori accolti a Firenze troviamo Lucca con 103, quindi Pistoia con 91, Pisa con 87 e a seguire Livorno con 80, Arezzo a 73, Massa a quota 54, poi Grosseto a 48, Siena con 47 e infine Prato a 27. 

Nel mese di febbraio è incrementata la percentuale di arrivi sulla media nazionale: 44 su 659, il 6,7%. 32 ritrovati sul territorio e 12 come conseguenza di sbarco. 11 sono originari della Tunisia, 10 albanesi e 5 kosovari.

“I problemi ci sono, ai Comuni non vengono dati gli strumenti per affrontarli”

“I numeri sono sicuramente importanti - spiega Pietro Venè responsabile area educativa della Diaconia valdese che gestisce tre strutture con 26 ospiti - Nel 2015 i minori erano circa 200, oggi siamo a 500. Le problematiche sanitarie e di microcriminalità sono reali e allo stato attuale la gestione è difficoltosa. Il Comune fa molto ma non vengono forniti strumenti per affrontarle. Sulla microcriminalità la semplice stretta repressiva, fatta con l’ultimo decreto Caivano, non è la strada giusta".

“Voglio precisare - prosegue - che tutti i minori partono dal proprio Paese in cerca di fortuna per l’impossibilità di sviluppare a casa propria un progetto di vita autonomo. E accanto a chi è invischiato in situazioni di microcriminalità, che non voglio assolutamente giustificare, c’è chi, e sono tantissimi, riesce a portare avanti e concludere il proprio percorso di formazione e scolarizzazione e ad ottenere un lavoro. Noi, ad esempio, grazie alle risorse che la Diaconia ci mette a disposizione annualmente con l’8 per mille riusciamo ad avviare delle borse lavoro che consentono di formare questi ragazzi”. E nella maggior parte dei casi, tra il 70 e l’80%, le “borse” vengono poi tramutate in contratti. 

Ma le difficoltà del “sistema” dipendono esclusivamente dal numero degli arrivi?  Direttamente o indirettamente quello sembra essere il nodo principale. “Anzitutto - riprende Venè - c’è un problema legato al filtro della prima accoglienza. I minori arrivano in Italia da mare e terra e poi vengono smistati nella ‘seconda’ dopo essere stati inseriti in numeri elevatissimi in strutture tipo Cas dove non è possibile allo stato attuale fare un lavoro serio di accoglienza, non per responsabilità degli operatori ma per come è strutturata la tipologia di accoglienza. Questi ragazzi vengono quindi mandati ‘allo stato brado’ nelle seconde accoglienze avendo un’idea del tutto personale di come ci si sta e di come ci si debba rapportare agli altri. Ovviamente, come detto prima, non è per tutti così”. 

“Poi c’è un’altra problematica - prosegue Venè - specialmente nell’ultimo periodo, che non dipende né dalle  equipe educative né dalle strutture e né dai ragazzi, ed è quella delle lungaggini burocratiche. Sarà per l’eccesso di arrivi, ma si è creato un po’ di affanno per avere i documenti in questura, le audizioni in prefettura, per i decreti del tribunale dei minori per i colloqui o la nomina dei tutori. Si stanno rallentando tutte le pratiche. E se un ragazzo non riesce ad avere un codice fiscale in un tempo ragionevole non può fare un corso di italiano, un corso di professionalizzazione o, quando diventa maggiorenne, prendere la patente”.

“Al di là del dato numerico, in questi anni per noi è cambiato molto anche nel tipo di persone che accogliamo - spiegano Elettra Badini e Paola Pierini, coordinatrici delle strutture che ospitano i Msna gestite della Diaconia valdese - Basti pensare cha abbiamo iniziato nel 2015 con ragazze provenienti principalmente dall’area balcanica vittime di tratta e oggi accogliamo prevalentemente ragazzi che arrivano dal Nordafrica, Bangladesh e Pakistan, che portano problematiche diverse. Nella maggior parte dei casi sono richiedenti protezione internazionale e quindi ci sono iter burocratici diversi e  anche progetti di accoglienza diversi. Ad esempio, per chi arriva dal Pakistan, abbiamo registrato problematiche sanitarie particolari, di tipo ortopedico o patologie all’apparato digerente, dovute a traumi o cattiva alimentazione, legate proprio al viaggio lungo mesi che fanno (la lunga rotta balcanica, ndr) per arrivare in Italia”.

“La situazione è cambiata in peggio in tutto il sistema di accoglienza”

Altro osservatore importante sul fronte della tutela dei Msna sono i tutori e le tutrici, figure previste dalla legge Zampa del 2017 a titolo volontario. Nel 2019 a Firenze è nata una associazione che li riunisce per realizzare interventi a favore dei minori, che ognuno segue con mandato del Tribunale. “Da allora - dice Cristina Fabbri del direttivo dell’associazione Tutori volontari Toscana - purtroppo le cose sono cambiate in peggio in tutto il sistema dell’accoglienza a livello italiano, a partire dai cosiddetti decreti Salvini. Quando abbiamo iniziato a fare questo tipo di volontariato abbiamo svolto un grande lavoro in collaborazione con le strutture e gli assistenti sociali. C’era una condizione di maggiore disponibilità nei confronti dei ragazzi: non solo alloggio, ma anche la possibilità di fare un percorso specifico per l’avviamento al lavoro o per l’istruzione. Oggi è diverso, siamo in una dimensione in cui bisogna sì accoglierli ma anche ‘liberarsene’ velocemente appena hanno compiuto 18 anni. E invece non andrebbero buttati fuori dalle strutture di accoglienza solo perché maggiorenni, ma perché hanno completato un percorso di integrazione, a cominciare dalla lingua”. 

Anche perché spesso, semplicemente, manca il tempo necessario. “La maggior parte di loro arriva qua attorno ai 17 anni, magari in estate quando i corsi non ci sono. Abbiamo la possibilità di chiedere al Tribunale un prolungamento dell’accoglienza fino a 21 anni, ma adesso è raro che venga concessa. Si liquida tutto con la mancanza di posti, si parla di emergenza, chiudendo ogni discorso. Dovremmo garantire anzitutto l’interesse dei ragazzi, che invece vengono calpestati da altre esigenze che li mettono in una condizione di disturbo, da cui liberarsi quanto prima. Con altre associazioni abbiamo fatto più volte segnalazioni alla questura per i permessi di soggiorno che non vengono rilasciati, adesso non c’è più la trasformazione automatica quando diventano maggiorenni e così si ritrovano clandestini. Ed è una condizione che peggiora di giorno in giorno”.

Con conseguenze poi facilmente immaginabili. “Tutto questo alimenta fortemente quella che è l’insicurezza nelle strade delle città, dove alcuni luoghi sono diventati centro di aggregazione per chi non ha altri punti di riferimento, dalla stazione alla Fortezza fino alle Cascine. Senza altre possibilità, si ritrovano nelle mani della malavita”. Anche per l’associazione dei Tutori volontari, ovviamente, il tema dei “numeri” non è secondario: “Ci sono flussi importanti e sarebbe meglio distribuirli su tutto il territorio, in primis nell’interesse dei ragazzi. Purtroppo c’è chi, anche tra i Comuni, si mette di traverso”.

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