Cronaca

Le espressioni che solo un vero fiorentino riesce a capire

Sebbene quasi tutte presenti nel dizionario di lingua italiana, ci sono espressioni a cui solo i fiorentini ricorrono spesso e volentieri. Ecco quelle che potrebbero lasciare interdetto un interlocutore non toscano

David di Michelangelo Credits: Wikipedia

Allungare 
In toscano va inteso non solo come “aumentare la lunghezza di qualcosa”, ma anche come sinonimo di “avvicinare”, “passare”. Es. Che m’allunghi la borsa? Un c’arrivo!

​Bailam(m)e
Dalla rumorosa festa turca del bairam deriva l’espressione tutta toscana per indicare una confusione incontenibile. Es. In questa stanza c’è un bailame porta via!

Bischero e Grullo
Due degli epiteti più famosi del dialetto toscano, che nascondono altrettante storie, rispettivamente quella della famiglia dei Bischeri e quella dei Dal Borgo. Leggere per credere. 

Brindellone
E' il carro che da secoli viene portato davanti al Duomo di Firenze per Pasqua. Talmente alto e ingombrante che non si riferisce esclusivamente al tradizionale Scoppio del carro, ma indica anche un giovanotto di statura elevata, sgraziato e po' sempliciotto.

Buhaiolo

Un’espressione colorita, legata ad un antico mestiere fiorentino. Quale? Ve lo avevamo raccontato poco tempo fa in un bell’articolo.

Calosce,Ciantelle, Pezzola, Toni e Bru-Ginsi
​La moda a Firenze necessiterebbe di un dizionario a parte. Alcune espressioni sono semplici storpiature (brusotto invece di giubbotto o bru-ginsi per i blue jeans), mentre le calosce (o anche chantilly, dall’omonima cittadina francese) sono gli stivali per la pioggia, le ciantelle sono ciabatte e/o i sandali, la pezzola indica il fazzoletto (impiegato per molteplici usi), ma la storia più curiosa riguarda sicuramente il toni, ovvero la tuta da ginnastica. Che, secondo la leggenda, arriverebbe direttamente dall’America.

Cannella
No, non è la deliziosa spezia impiegata per cucinare dolci e biscotti. La cannella a Firenze indica sempre e solo il rubinetto dell’acqua. Da intendere come diminutivo della parola “canna”.

Cencio
In Toscana non si usa “lo straccio” per spolverare i mobili o pulire i pavimenti, ma si preferisce “dare i’ cencio”. L’etimologia è incerta, forse riconducibile alla parola latina “cento, centonis”, indicante un abito, una coperta o un panno composti da vari pezzi di stoffa cuciti insieme. Attenzione: da non confondere con gli omonimi dolcetti toscani del periodo carnevalesco.

Cinci
Uno degli innumerevoli modi scherzosi per indicare il membro maschile, corrispettivo del femminile “passera”, altrettanto colorito.  Se però quest’ultima espressione si collega ad una frequentatissima piazza fiorentina, l’origine etimologica del primo termine resta sconosciuta.

Diospero e Popone
Due parole che vi torneranno utili dal fruttivendolo. Il diospero altro non è che la variante fiorentina del cosiddetto “loto del Giappone”, gustosi  frutti meglio noti come “cachi”. Entrambe le parole derivano dal suo nome latino, ovvero “diospyros kaki”. Il popone indica invece il melone, talvolta usato anche come sinonimo di persona poco furba e lenta. La parola deriverebbe dal greco “pèpon”, ovvero “cotto al sole”, “maturo”. Non è una caso dunque che il popone sia davvero buono solo quando completamente maturo.  

Fare forca/forcare
Ogni dialetto possiede la sua espressione per indicare questa comunissima azione, ovvero marinare la scuola. Nel dialetto toscano è probabilmente un riferimento alla forma stessa della forca, ovvero un lungo manico che si divide in due o più parti, richiamando un bivio stradale. Fare forca significa quindi arrivare all'incrocio che porta verso la scuola e prendere la strada opposta. 

‘Gnamo
Forma colloquiale dell'imperativo “andiamo”. Es. 'gnamo, si fa tardi!

Granata
Nessun ordigno esplosivo: se in Toscana vi chiedono la granata, è solo per pulire il pavimento. Il termine qui indica la scopa, nello specifico quella formata da mazzetti di saggina essiccati e legati attorno ad un bastone. La parola sarebbe riconducibile al grano, ovvero agli steli da cui le vecchie scope sono composte, ricavate appunto dalla pannocchia granata della pianta (la saggina).  

Lapis
Niente matita, gli scolari fiorentini usano il lapis. Dal latino “lapis haematitos” ovvero “pietra color sangue”, nome usato nell'antichità per indicare le pietre con cui era possibile disegnare. 

Salire/Montare/Prendere in collo
“Mi pigli in collo?!”, ovvero la tipica richiesta dei bimbi toscani che vogliono essere presi in braccio dai genitori.  Espressione figurata, indica anche quando una persona si siede sulle ginocchia dell'altra. 

Rigovernare
Il toscano non lava i piatti, rigoverna. La parola viene dalla particella “ri” e il verbo latino “gubernare”, letteralmente “reggere il timone”, dunque “amministrare”, ma anche “avere cura”, dunque  “pulire”. 

Sudicio e Troiaio
Invece di buttare la spazzatura, in Toscana “si porta via i' sudicio”. Per indicare invece un luogo pieno di sporcizia (sinonimo di porcile) oppure dove ci si abbandona a comportamenti libertini e dissoluti, si usa la pittoresca espressione “troiaio”.  In entrambi i significati l'origine della parola è riconducibile al latino tardo “troia(m)”, da un piatto a base di maiale ripieno (ovvero il “porcus Troianus”), forse riconducibile alla vicenda del cavallo di Troia, ovvero la macchina da guerra entro cui si nascosero i guerrieri greci (dunque tutt'altro che vuota al suo interno, ma “piena” di nemici) per espugnare l'omonima città.  La parola può indicare anche qualcosa che non funziona, un oggetto malfatto e/o di bassa lega. Es. Questo cellulare non funziona, l'è proprio un troiaio!


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