Psicologia: nel cuore della mente

Psicologia, violenza sui social: identikit dei "leoni da tastiera"

L'analisi del dottor Loris Pinzani

Foto di fancycrave1 da Pixabay

I social hanno creato condotte particolari, che in passato si manifestavano in modo differente se non restavano addirittura ignote. La comunicazione attuale ha caratteristiche specifiche, di eccezionale velocità e insieme di tutela di una certa forma di anonimato; questo ha composto un bacino a cui tutti hanno accesso, rivelando di sé solo determinati aspetti, escludendo i resto.
L'esercizio della critica avviene sul web in modo particolare. In essa gli individui esprimono talvolta la loro reale aggressività, nascosti da una coltre a volte esile ma comunque sufficiente a farli esprimere, esattamente come accade per gli altri utenti.

Questo consente che sui social sia possibile disporre un'aggressione verbale senza assumerne la piena responsabilità, nel marasma di un dialogo in cui ognuno urla per un solo istante perché solo quello è lo spazio a cui ha accesso.

Il risultato è che dalla tastiera parte un input con toni alti, che si rivolge ad un singolo, un'idea oppure una categoria, in cui nessuno si aspetta uno scambio vero e proprio ma piuttosto l';esercizio della propria "potenza verbale". Dunque, accade spesso che a prescindere dal tema trattato, vi sia un intenso uso di aggressività che si ripete in modo continuativo e non conosce soluzione, dando vita ad un turpiloquio in cui i partecipanti si scambiano offese ed auguri macabri, della più varia natura.

Il social diventa un ring dove sfogare un malessere interno, per cui invincibile e frustrante, in una società valutata come contraria se non addirittura responsabile della propria temuta inefficacia, in una competitività sfrenata, in cui ha campo chi arriva primo perché esistono gli ultimi. É in questi casi che il leone da tastiera non manifesta solo un normale dissenso, ma veste l'ira di chi è ferito dalla solitudine che non sa domare né distinguere; in modo sostanzialmente costante, dichiara un patimento che non è dovuto necessariamente al tema che viene trattato, ma piuttosto ad un insieme di fondo di cui soffre.

Così si passa da essere un partecipante al dialogo, ad essere un esecutore che si disperde tra la folla di cui si è parte, esprimendo sistematicamente un livore verso chi si rende colpevole di una opinione anche di poco diversa dalla propria.


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